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martedì 24 novembre 2015

Il 10° anniversario della Responsabilità di Proteggere (Responsibility to Protect – R2P) e l’importanza della prevenzione

Il 19 novembre 2015 abbiamo assistito alla conferenza dal titolo “10th Anniversary of the responsibility to Protect – A Focus on Prevention“, organizzata dal Responsibility to Protect (R2P) Core Group di Ginevra e le Missioni Permanenti di Australia, Ghana, Ungheria, Nigeria, Rwanda e Uruguay nell’ambito della Geneva Peace Week 2015 a Palais de Nations.

I referenti erano Jennifer Welsh, Consigliere Speciale del Segretario Generale UN sulla Responsabilità di Proteggere, Volker Türk, Assistente dell’Alto Commissario per la Protezione, Ufficio dell’Alto Commissario UN per i rifugiati, Davide Rodogno, Professore di Storia Internazionale al Graduate Institute di Ginevra, Elisabeth Decrey Warner, Presidente Esecutivo, Geneva Call. La discussione è stata moderata da Simon Adams, Direttore Esecutivo, Global Centre for the Responsibility to Protect (R2P).

Michael Møller, Direttore Generale, Ufficio UN a Ginevra, ha introdotto la conferenza richiamando la nascita della Responsibility to Protect (R2P) come documento finale del UN World Summit 2005 contenente tre pilastri fondamentali: 1) la responsabilità di ogni stato di proteggere la sua popolazione da genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e pulizia etnica; 2) la responsabilità della comunità internazionale di incoraggiare e assistere gli stati nel compimento dei loro doveri e 3) di agire collettivamente in modo veloce e decisivo, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, se lo stato non protegge la sua popolazione.


Møller ha anche sottolineato l’importanza di Ginevra come luogo chiave per promuovere la responsibility to protect giacché qui gli attori sia politici che della società civile lavorano incentrati sui diritti umani. Inoltre, il referente ha ribadito il ruolo centrale della prevenzione all’interno della responsibility to protect invitando il Consiglio dei Diritti Umani a sviluppare meccanismi di allerta adeguati così come nuovi strumenti per rispondere velocemente alle atrocità in corso.

Il Segretario Generale UN Ban Ki-moon ha rilasciato un video messaggio spiegando come nonostante il lancio della R2P abbia creato tanta speranza e portato ad alcune azioni, persistano tanta violenza e impunità irrisolte dalla comunità internazionale. Il Segretario Generale ha parlato anche della necessità di una forte volontà politica e ha ribadito, come Møller, il ruolo centrale che Ginevra deve svolgere in questo processo di promozione della responsibility to protect.

Jennifer Welsh ha aperto il dibattito spiegando che la R2P chiama ad una responsabilità collettiva: gli stati hanno il dovere primario di proteggere, ma la comunità internazionale deve supportare le loro azioni e creare un consenso generale sull’importanza di investire nella prevenzione e nella non-ripetizione, assicurando che giustizia sia fatta sempre. Gli stati, ha sottolineato, dovrebbero utilizzare il quadro UN di analisi delle atrocità per identificare fattori di rischio e considerare l’EPU (Esame Periodico Universale) come un’opportunità per discutere I risultati delle analisi effettuate.

Volker Türk ha affermato che le crisi attuali sono una conseguenza di crimini non risolti e ha ribadito la necessità di concentrarsi su aspetti preventivi guardando ad ogni singolo contesto specifico in modo da poter eradicare le principali cause di possibili crimini futuri.

Davide Rodogno ha posto l’attenzione sui cattivi risultati delle passate intervenzioni umanitarie dell´UN sottolineando che nessuna lezione positiva è stata appresa dal passato. Inoltre, ha enfatizzato la necessità di interventi veloci ed anticipati per prevenire l´aggravarsi di crimini e un aumento dei costi d’intervento sottolineando che le Nazioni Unite possiedono già i meccanismi e l’expertise per agire preventivamente in modo efficace.

Elisabeth Decrey Warner ha concentrato il suo discorso sul ruolo degli attori non statali nella prevenzione dei conflitti. Gli attori non statali sono spesso considerati come colpevoli, ha spiegato, ma possono giocare un ruolo importante nel proteggere la società civile e promuovere la pace. Occupando spesso parti di territorio, questi attori ne controllano anche le popolazioni. Quindi, se vengono formati adeguatamente, possono essere impegnati nel rispetto e la promozione del diritto umanitario internazionale. Ms. Warner ha inoltre parlato dell’educazione come mezzo di prevenzione in cui gli stati dovrebbero investire.

Il primo giro di interventi si è concluso con un messaggio video dell’Alto Commissario per I Diritti Umani, Zeid Ra’ad Al-Hussein. L’Alto Commissario si è rammaricato per le innumerevoli violazioni nel campo dei diritti umani perpetrate da attori statali e non che non vengono puniti. I civili non vengono protetti, ha detto, perché l’azione della comunità internazionale è troppo debole.  Quindi, ha chiamato ad azioni preventive come nucleo della responsibility to protect, perché agire dopo o durante un conflitto è più difficile e richiede un maggiore compromesso a livello politico. Inoltre, ha ribadito che il suo ufficio ed altri organi dei trattati UN forniscono già informazioni sui fattori di rischio per prevenire crimini atroci.

Durante il dialogo interattivo diversi stati sono intervenuti condividendo le loro esperienze nel prevenire e affrontare i conflitti riaffermando nuovamente il ruolo centrale di Ginevra, del Consiglio per i Diritti Umani e di altri organi dei trattati UN nel promuovere misure preventive e creare adeguati meccanismi di risposta. Alcuni stati hanno anche parlato dello sviluppo di programmi di capacity-building supportati dalla comunità internazionale e dell’implementazione dei nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibili (SDGs) come azioni fondamentali di prevenzione. Inoltre, è stato ribadito il dovere della comunità internazionale di esaurire tutti i mezzi pacifici a sua disposizione prima di usare la forza e di concentrarsi sempre sul bene dei civili nelle sue azioni.


Durante le osservazioni finali i referenti hanno riconosciuto il ruolo fondamentale che la società civile può e deve svolgere in collaborazione con gli stati nel promuovere una responsibility to protect, sia nazionale che collettiva. In più, è stato sottolineato che 10 anni di R2P non sono molti: siamo ancora all’inizio del processo, quindi dobbiamo continuare a lavorare coinvolgendo nuovi attori, affrontando problemi nuovi e vecchi, promovendo la responsibility to protect all’interno del sistema delle Nazioni Unite, negli stati e fra la società civile come un fondamentale compito generazionale. 

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